Gastronomia istriana

 L'impronta di Venezia

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Gastronomia (dal greco gastèr = ventre e nomìa = legge) è l'insieme delle tecniche culinarie che consentono di preparare pietanze diverse. In senso lato con gastronomia si intende lo studio della relazione tra la cultura e il cibo ed è quindi una scienza interdisciplinare che coinvolge la biologia, l'agronomia, l'antropologia, la storia, la filosofia, la psicologia e la sociologia. La gastronomia istriana è una fedele rappresentazione di tutte le particolarità storiche, geografiche e climatiche di questo territorio. La travagliata storia istriana ha lasciato non poche tracce anche sulla gastronomia. Nella cucina popolare istriana, le cui fondamenta vanno ricercate nell’ambiente naturale (piante spontanee, sostanze aromatiche, ortaggi stagionali, frutti di mare…) si sono intrecciate numerose tradizioni e sono state introdotte influenze provenienti dalle potestà feudali Franche e Germaniche, dalla tradizione culinaria Romana, oltre a quelle di matrice Balcanica con l'avvento nel Seicento delle popolazione Slave. Ma fra tutte, è la gastronomia Veneta che ha sicuramente esercitato l’influenza maggiore su quella istriana, se non altro per il fatto che in queste terre la Serenissima Repubblica di Venezia ha esercito il suo potere per almeno cinque secoli, fino al 1797.

La cucina Veneta era particolarmente fantasiosa e varia, anche perchè usava alimenti provenienti da ogni parte del mondo. Questo non stupisce se consideriamo che all’epoca Venezia era uno stato con una poderosa flotta navale e con rapporti commerciali instaurati con quasi tutto il mondo: dall’Europa settentrionale fino all’estremo Oriente. Grazie a tali collegamenti commerciali, sulle tavole Venete si potevano gustare sia il baccalà proveniente dai paesi Baltici, ma anche rarissimi condimenti Asiatici. Si poteva trovare, inoltre, verdura fresca proveniente dalle foci circostanti, selvaggina cacciata nelle zone interne, oltre all’olio d’oliva e al vino Istriano, il tutto completato dagli scampi del Quarnaro.

Naturalmente, lo stesso discorso valeva anche nel senso opposto. Le cittadine d’allora, situate sulla costa occidentale Istriana (Capodistria e Parenzo) vennero, tramite Venezia, in contatto con numerose pietanze nuove tra cui ad esempio il baccalà, ed impararono anche ad usare condimenti e spezie di cui, fino a quel momento, ignoravano l’esistenza: il pepe, la cannella, il coriandolo, il cumino, la noce moscata, i chiodi di garofano. Sembrerà strano, ma agli inizi della Serenissima il pesce era considerato un cibo plebeo, o addirittura per poveri. I modi di preparazione del pesce e degli altri frutti di mare erano perciò di gran lunga più sviluppati dai pescatori di Chioggia. Questi ultimi collaboravano inoltre con i pescatori Istriani che all’epoca erano maggiormente presenti nei villaggi dei pescatori come: Pirano, Isola, Cittanova e Rovigno. A vicenda si scambiavano esperienze sulla preparazione della zuppa (brodetto), del risotto e della buzara (l’intingolo) da una sponda dell'Adriatico, fino ai granchi arrosto, al brodetto fatto di favelli o erifie pelose (tipo di granchio) oppure di patelle dall’altra. Questa reciproca disponibilità ha lasciato una rilevante impronta nella gastronomia litoranea, che si è mantenuta fino ai giorni nostri.

 

La richezza della cucina semplice

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A differenza delle cittadine costiere, l’entrotrerra dell’Istria non era né così sviluppato, né tanto meno vario in campo gastronomico. Prevalentemente popolata da famiglie di agricoltori, la zona interna dell’Istria viveva di quel poco che offriva la terra: una cucina povera per sopravvivere. Il contadino produceva ciò che gli serviva, ed il cibo lo preparava con quello che aveva a portata di mano, dato che non disponeva di mezzi sufficienti per comprarselo. La pasta per il pane era fatta con farina gialla di granturco, mescolata con farina d’orzo, oppure con un altro tipo di cereale. Il pane si faceva in forno oppure sotto la campana, sul focolare aperto, una o due volte alla settimana al massimo. Il pane bianco si mangiava molto di rado, in prevalenza per Pasqua o in caso di malattia.

Lo stesso vale per la carne. Per rinvigorire i malati si preparavano: il brodo del quartin (un quarto di chilo di carne di gallina) oppure il brodo brostolà (fatto d’acqua e farina) con formaggio caprino o vaccino grattugiati sopra. Dopo il parto, alle donne venivano preparati gli gnocchi (fatti di patate) con sugo (goulasch) di pollame. Le pietanze più comuni erano: lo skrob (farinata di granturco oppure d’orzo) con aggiunta di latte, zucchero o vino; la maneštra (minestra; contorno di patate, orzo e fagioli) e patate cotte con la buccia. I piatti migliori si preparavano in occasione di feste e ricorrenze e nel periodo dei lavori più pesanti in campagna. Per Pasqua e Natale regolarmente si preparavano i ravioli (ripieni di formaggio) e gli gnocchi cosparsi con sugo di gallina. Col sugo di gallina si cospargevano anche i fusi (pasta sottile tagliata in quadrati avvolti di sbiego attorno al manico di un cucchiaio di legno) e portati ai falciatori in campagna.

Il giorno della macellazione del maiale, poi, era una vera e propria festa. Gli scarti che avanzavano dalla carne tagliata, si friggevano; dalle ossa del maiale si faceva il brodo, ed in tale occasione era d’obbligo preparare la polenta con la troba (le interiora del maiale). Va inoltre detto che in molti villaggi istriani, sino ai giorni nostri si è mantenuta l’abitudine di chiamare la polenta fatta in questo modo alla Veneziana, termine che la dice lunga sulle sue origini.

 

La cucina istriana oggi..

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Molti dei piatti derivanti dalla penuria di quei tempi, oggi sono ritornati alla ribalta. Cosicché il nutrimento dei pescatori e dei braccianti di una volta, oggi è considerato conforme alle tendenze più moderne in materia di nutrimento. Il nutrimento con molto pesce (in prevalenza azzurro), la predominanza di cibi cotti (lessi) su quelli fritti, l’abbondanza di frutta e verdura, di piante ed erbe spontanee, l’uso dell’olio d’oliva ed il consumo moderato del vino - in prevalenza rosso - sono le caratteristiche principali della Dieta Mediterranea e del movimento di tendenza che va sotto il nome di Stile di vita Mediterraneo (Mediterranean diet).

A seguito dell’abbandono della concezione del cosiddetto turismo di massa, su iniziativa dell’Ente per il turismo della Regione Istriana, dal 1995 a questa parte s’inizia a sviluppare un nuovo tipo di offerta turistica, con appunto la gastronomia elemento di richiamo per i buongustai. In Istria si organizzano numerosi eventi gastronomici dedicati agli alimenti locali, giornate dedicate ai prodotti tipici dell’Istria: tartufi, funghi, formaggi, miele, salsicce, ombolo (filetto di maiale), lumache, sardelle, asparagi, castagne ecc. Ci sono numerose konobe (tipiche osterie) che preparano i cibi in modo tradizionale: sul focolare e sotto la campana. Sulla scena gastronomica istriana spuntano ristoranti specializzati sempre più raffinati.

Dal 1996 fino ad oggi è regolarmente pubblicata La Guida gastronomica Istriana con l'elenco dei migliori ristoranti e delle migliori konobe dell’Istria, secondo una giuria indipendente. La crescente popolarità del prosciutto istriano come prodotto autoctono protetto, il richiamo del tartufo bianco pregiato (Tuber Magnatum Pico), gli scampi del Quarnaro, il formaggio, il miele e lo straordinario olio d’oliva, più volte premiato anche in campo internazionale, hanno ulteriormente contribuito al successo della gastronomia istriana.

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Fonte: L'enciclopedia istriana, Franko Lukež


 

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